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17 dicembre 2011

Gancia e Moncler | Il made in Italy che saluta l'Italia

Nonostante le vicende che creano scandalo nel nostro paese sono tra quelli orgogliosi di molti aspetti della nostra nazione, non a caso chiamata Belpaese, perché di cose belle ce ne sono molte. Ce ne sarebbero di più se la cialtronaggine e lo sguardo al misero profitto non facesse spesse danni irreparabili. Una delle cose su cui spesso si punta è il made in Italy, termine usato e talvolta abusato per distinguere quei prodotti che dovrebbero essere creati interamente in Italia, sarebbe bello anche se fossero operai italiani a crearle ma qui si entra nell'utopia. Però se non altro qualcosa resta, molte calzature, abiti, accessori del mondo della moda o del lifestyle, fanno parte di quel made in Italy che cipermette di guardare gli altri con sufficienza, dimostrando di non essere secondi a nessuno.
Negli ultimi anni però il discorso sta cambiando, e lo dico con una nota di malinconia, perché sempre più marchi italiani stanno lasciando l'Italia (non parlo di coloro che l'hanno già lasciata facendo assemblare i propri prodotti all'estero) a causa di strategie economiche che noi comuni mortali non possiamo comprendere (e forse è megli così). Vi avevo già parlato nei mesi scorsi del caso La Rinascente, storici grandi magazzini italiani, il cui nome è stato dato da Gabriele d'Annunzio e rispecchia il gusto dell'italianità tipico del periodo (non oso pensare a che nome inglese sarebbe venuto fuori se fosse nata in questi anni), che da qualche mese è passata sotto il controllo di una società Thailandese. L'aria che si respira entrati nei punti vendita è la stessa però è un peccato sapere che qualcuno sta usando il nostro nome per i propri interessi. Certo finché tutto rimane uguale non c'è da spaventarsi ma l'amarezza rimane.

Giusto per scendere ancora più nel barartro ci aggiungiamo altri due marchi che sono passati in mani straniere, Gancia e Moncler.
 Gancia, casa vinicola che produce il famoso spumante a suo nome è appena stata rilevata dal magnate russo Rustam Tariko per circa 150 milioni di euro. Chissà il caro "vecchio" Carlo Gancia cosa penserebbe oggi, dopo che la sua compagnia dal 1850 era nelle mani Italiane. Certo siamo sicuro che il nome rimarrà lo stesso, il sapore e le viti rimarranno quelle di Piemonte, Puglia e Sicilia però pensare che poi tutto i resto vada in mano a qualche straniero mi intristisce. Certo è ovvio che è sempre meglio che vedere le fabbriche chiuse, i dipendenti fuori che protestano perché hanno appena perso il posto, la produzione che si sposta completamente all'estero. Insomma meglio di niente, ma solo perché in Italia siamo abituati a scegliere tra il peggio e il meno peggio. Ovvio che le scelte vanno nella seconda opzione.
 
Leggermente diversa è la storia di Moncler, che nasce in Francia ma che nel 1992 diventa italiana. Negli ultimi anni del 2000, con il ritorno dello stile anni '80, il piumino Moncler ritorna ad essere un capo richiestissimo (nonostante faccia assomigliare all'omino Michelin), riportando in auge il marchio che qualche mese fa, però, è tornato in mano francese, Eurazeo per la precisione che ne ha rilevato il 45% diventanto l'azienista di maggiornaza. Poco cambia, probabilmente anche in questo caso, il marchio reso celebre anche dall'Italia, avrà maggiore spinta per approdare nei mercati esteri. Nuova linfa per raggiungere altri traguardi. Linfa che però non arriva mai dall'Italia ma dall'estero.

PS. Pensare che Fred Perry, marchio storico inglese che produce le famose polo con la coroncina, confezione molti capi in Italia, quando noi andiamo a farli all'estero e poi applichiamo l'adesivo Made in Italy. Che dire. Meglio non dire nulla...

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